Nel maggio 1998 sul N°357 della prestigiosa rivista scientifica “Scientific American” (edizione italiana “Le Scienze”), venne pubblicato un articolo dal titolo: “Prevenire la prossima crisi petrolifera”. Gli autori Colin J. Campbell e Jean H. Laherrère, venivano così descritti:
COLIN J. CAMPBELL e JEAN H. LAHERRÈRE lavorano nell'industria petrolifera da oltre 40 anni (nel 1998 n.d.r.). Laureatosi in geologia all'Università di Oxford, Campbell ha lavorato alla Texaco come geologo prospettore e quindi alla Amoco come geologo capo in Ecuador. I suoi studi sulle tendenze della produzione globale di petrolio hanno condotto alla pubblicazione di due libri e numerosi articoli. I lavori di Laherrère hanno contribuito alla scoperta del più imponente campo petrolifero africano. Per conto della Total è stato sovrintendente generale alle tecniche di esplorazione. Entrambi sono membri della Petroconsultants di Ginevra.
La rivista presentava l’articolo in questo modo:
QUELLI CHE SEGUONO SONO BREVI
ESTRATTI DELL’ARTICOLO DA LORO SCRITTO:
Negli anni novanta le compagnie
petrolifere hanno scoperto in media 7 Gbo all'anno; nel 1997 hanno estratto una
quantità di petrolio oltre tre volte superiore. Tuttavia le cifre ufficiali non
indicavano che le riserve accertate erano diminuite di 16 Gbo, come ci si sarebbe dovuto aspettare, ma che erano
addirittura aumentate di 11
Gbo. Questo perché decine di governi hanno scelto di non riferire il declino
delle loro riserve, forse per migliorare le proprie quotazioni politiche e non
perdere la capacità di ottenere prestiti. Un'altra causa della vantata espansione
delle riserve risiede nelle revisioni: le compagnie petrolifere hanno sostituito
con cifre più alte le precedenti stime delle riserve rimaste in molti campi. Per
la maggior parte degli scopi, queste variazioni non danno problemi, ma le previsioni
estrapolate dai dati pubblicati risultano seriamente distorte. Per valutare con
accuratezza quanto petrolio si potrà scoprire in futuro, occorre retrodatare
ogni revisione all'anno a cui risale la scoperta del campo, e non all'anno in
cui una compagnia o un governo ha corretto una stima precedente. Facendo ciò si
vede come le scoperte complessive abbiano raggiunto il massimo all'inizio degli
anni sessanta, e da allora abbiano continuato uniformemente a decadere.
Estendendo questa tendenza fino a zero, possiamo ottenere una buona previsione
di quanto petrolio riuscirà presumibilmente a recuperare l'industria. Abbiamo
utilizzato altri metodi per stimare la quantità definitiva di petrolio convenzionale
per ogni paese (si veda la finestra
alle pagine 82-83), e calcoliamo che l'industria petrolifera sia in
grado di estrarre ancora 1000 miliardi di barili di petrolio convenzionale.
Questo numero, anche se molto grande, corrisponde a poco più degli 800 miliardi
di barili che già sono stati estratti. L'investimento di una maggiore quantità di
denaro nell'esplorazione petrolifera non potrebbe modificare di molto questa
situazione. Quando il prezzo del greggio ha raggiunto il massimo di tutti i tempi,
all'inizio degli anni ottanta, i ricercatori hanno sviluppato nuove tecniche per
la scoperta e l'estrazione del petrolio, e hanno cercato nuovi campi,
trovandone molto pochi: il tasso con cui si sono avute nuove scoperte ha
continuato il suo declino senza interruzioni.
PREVEDERE L'INEVITABILE
Prevedere quando la
produzione del petrolio cesserà di crescere è piuttosto immediato qualora si
disponga di una buona stima di quanto petrolio sia rimasto da estrarre. Noi
applichiamo semplicemente un raffinamento di una tecnica pubblicata per la
prima volta nel 1956 da M. King Hubbert. Questi osservava come, in una
qualunque vasta regione, l'estrazione non regolamentata di una risorsa finita
descriva una curva a campana, il cui massimo è situato in corrispondenza del
momento in cui metà della risorsa è già
stata prelevata. Per dimostrare la sua teoria, Hubbert adattò una curva a
campana alle statistiche di produzione e fece la previsione secondo cui la produzione
di greggio negli Stati Uniti (esclusa l'Alaska) sarebbe cresciuta per altri 13
anni e avrebbe avuto un massimo nel 1969
(con margine di errore di un anno in più o in meno). I fatti gli hanno dato
ragione: la produzione ha avuto il suo picco nel 1970 e da allora ha continuato
a seguire le curve di Hubbert, a meno di deviazioni di importanza secondaria
Il flusso di petrolio da
molte altre regioni, come i paesi dell'ex Unione Sovietica e l'insieme di tutti
i produttori al di fuori del Medio Oriente, ha pure fedelmente seguito le curve
di Hubbert. Il quadro globale è più complicato, dato che i membri mediorientali
dell'OPEC hanno deliberatamente limitato le loro esportazioni negli anni
settanta, mentre in altre nazioni la produzione proseguiva a pieno ritmo. La
nostra analisi rivela che molti tra i maggiori produttori, tra cui la Norvegia
e il Regno Unito, raggiungeranno il picco intorno al volgere del millennio, a
meno che non regolino drasticamente la loro produzione.
Intorno al 2002 il mondo
dipenderà quindi interamente dai paesi del Medio Oriente, e in particolare dai
cinque intorno al Golfo Persico (Iran, Iraq, Kuwait, Arabia Saudita ed Emirati
Arabi Uniti), per colmare la disparità tra un'offerta in diminuzione e una
domanda in crescita. Ma quando circa 900 Gbo saranno stati consumati, la produzione
dovrà iniziare a declinare. A meno che non si verifichi una recessione globale,
pare plausibile che la produzione di petrolio convenzionale avrà il massimo tra
il 2000 e il 2010. Fatto forse sorprendente, questa previsione non si sposta di
molto anche nel caso in cui le nostre stime si rivelino di qualche centinaio di
miliardi di barili in difetto o in eccesso
Alla luce della crisi Energetica in atto, l'articolo risulta essere quasi profetico, soprattutto se confrontato con il precedente Post:
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